Le lauree e le professioni del futuro
Le trasformazioni in atto nel mondo del lavoro hanno stimolato il dibattito sulle professioni del futuro e su quali percorsi di laurea è più opportuno intraprendere.
Fermo restando che tutti gli approcci dimostrano che più altro è il livello di istruzione, maggiori sono i salari e soprattutto le possibilità di non essere espulsi dal mercato del lavoro, alcune indagini stanno dimostrando la centralità di percorsi che in genere risultano meno pubblicizzati. L’attenzione si concentra frequentemente sui percorsi di laurea in ingegneria, medicina ed economia, trascurando le facoltà psicologiche e letterarie. Si tratta di un errore. Andiamo a vedere perché.
L’automazione del lavoro
La grande sfida dei prossimi anni sarà la progressiva automazione del lavoro. Sui reali rischi la comunità scientifica è divisa. Alcuni studiosi, come Andrew McAfee e Daron Acemoglu, ritengono che il rischio di disoccupazione tecnologica sia molto alto. Altri studiosi, come Robert J. Gordon o Philippe Aghion, sostengono che, nei fatti, i lavoratori si troveranno a fronteggiare un modesto rischio di sostituzione con le macchine.
In questo dibattito si inserisce una interessante indagine di Mariasole Bannò, Emilia Filippi e Sandro Trento, dal titolo Rischi di automazione delle occupazioni: una stima per l’Italia (Stato e Mercato, 3/2021) che torna molto utile per mettere a fuoco quali siano le competenze che consentiranno ai lavoratori di sottrarsi al pericolo di automazione.
Valorizzare le capacità creative e di relazione sociale
Secondo l’indagine condotta da Bannò, Filippi e Trento, le professioni con una probabilità di automazione più alta sono quelle che prevedono un numero elevato di attività di routine. Ad esempio lo scambio di informazioni, la vendita e le attività manuali. Sono attività prevalenti nei trasporti e nella logistica, oppure nell’ambito del supporto d’ufficio e amministrativo, o ancora nei servizi e nel settore della vendita.
Le professioni con una probabilità di automazione più bassa prevedono invece livelli elevati di percezione, manipolazione, intelligenza creativa e intelligenza sociale. Si tratta di competenze e attitudini rilevanti nei settori del management e della finanza, nell’istruzione, nell’assistenza sanitaria, nell’arte e in ambito legale.
Siamo dunque in ambiti che prevedono attività prettamente “umane”, quali la creatività, l’adattamento e la gestione delle relazioni interpersonali.
Quali corsi di laurea intraprendere?
Alla luce di queste considerazioni, che percorsi intraprendere dunque per sfuggire al pericolo di disoccupazione tecnologica?
Innanzitutto, l’assunto di partenza è che occorre acquisire competenze e continuare ad aggiornare queste competenze lungo tutto l’arco della vita. Quindi una formazione iniziale la più alta possibile (laurea senza alcun dubbio) e poi continuare ad aggiornarsi perché il cambiamento tecnologico è ormai incessante.
Tanto più che grazie alle Università telematiche, ormai anche lavorando è possibile sia acquisire una laurea online, sia continuare a potenziare le proprie competenze con master e corsi di perfezionamento online di ogni tipo.
In secondo luogo, non trascurare le facoltà umanistiche. Tutti quei percorsi di laurea che consentono di acquisire le capacità per coordinare gruppi di lavoro (Management), gestire le relazioni interpersonali (Psicologia), comunicare informazioni (Scienze della comunicazione) e formare studenti e lavoratori (Lettere o Scienze pedagogiche) ci metteranno al riparo dalla sfida lanciata dai robot nel mondo del lavoro.